PAOLO MAZZO



Le fotografie di Paolo Mazzo sono parte di una ricerca sulle Company Town,  città nate in modo quasi artificiale attorno a una struttura industriale, prive di stratificazione ed espressioni di un’ideologia che ha soverchiato l’opera di architetti e urbanisti: spazi apparentemente senza tempo, dove vengono ordinate e distribuite le funzioni gerarchiche e le attività produttive della e nella collettività
Queste immagini sono viaggi della memoria e nella memoria, in cerca della ricchezza dell’architettura che si consuma nella storia, nella cultura, nella geografia del momento e che si misura con la persistenza della materia.
   


Per la mostra Il piccolo hansaldo Paolo Mazzo prosegue il suo lavoro di ricerca sulla trasformazione degli spazi industriali.

Le foto qui riprodotte sono state realizzateed esposte in occasione di The production of the place  University of East London, Docklands Campus, London, UK  e sono presentate a solo scopo di documentazione e conoscenza del lavoro di Paolo Mazzo.




























COMPANY TOWN
La ricchezza della città europea risiede nella sua stratificazione, nel fatto che noi viviamo nella contemporaneità un territorio modellato dal passato.
Ci è dato il privilegio di vivere dentro un territorio fisico della memoria. Ci sono città che hanno cercato di fare a meno della stratificazione. Sono nate come autonome, indipendenti, espressioni di un’ideologia che ha soverchiato l’opera di architetti e urbanisti, che devono cedere al riflesso fisico delle forze e delle debolezze umane.
Anche se espressioni di ideologie differenti in contesti e tempi differenti, queste città – come Arsia in Istria, Eisenhuttenstadt in Germania o Nowa Huta in Polonia – avevano come elemento generatore un’idea dell’abitare collettivo, al cui centro le relazioni mescolavano il presente con il passato, senza l’imminenza incerta di un qualcosa che può accadere.
Queste città, come anche Zlin e Batovany in Repubblica Ceca e in Slovacchia, le ungheresi Tiszauijvarus e Dunauyvaros, oppure la russa Togliattigrad erano città che rappresentavano un modello basato sul lavoro e
sui lavoratori contrapposto ai quartieri satellite, alle città giardino o alle banlieue dormitorio delle città occidentali.
Apparentemente senza tempo, queste città perpetuano un eterno presente senza eliminare il passato: vivono la caratteristica propria della creazione di un mondo in evoluzione.
Si forma così un paesaggio che si perde nel passato ed emerge nel presente.
Si percepisce così un sentimento del tempo che passa e che dura contemporaneamente.
Alla memoria è affidato il compito di superare le contraddizioni e i conflitti che pure quelle ideologie hanno creato. La città diviene così un luogo collettivo dove si è accompagnati dentro la
narrazione della storia. Gli spazi parlano attraverso il registro del vissuto, ponendosi come specchio dell’umanità. Sono gli spazi dove vengono ordinate e distribuite le funzioni gerarchiche e le attività produttive della e nella collettività.
La loro principale vocazione è territoriale, mira a creare identità, rapporti simbolici e patrimoni comuni.
Alla fotografia è affidato il compito di ritrarre l’uomo attraverso l’architettura anche in sua assenza, di costruire una forma di antropologia culturale dello spazio abitato e attraversato dall’uomo.
La fotografia ritrae gli spazi nella bellezza della loro dimensione storica, immergendosi nella loro dimensione enigmatica che ci impedisce di cogliere appieno la percezione originaria.
Queste immagini sono viaggi che inseguono il sentimento del tempo seguendo una spinta irrazionale fatta di nostalgia per ciò che non si è vissuto, della voglia di ancorare l’esistenza a un qualcosa che le dia un senso: viaggi della memoria e nella memoria in cerca della ricchezza dell’architettura che si consuma nella storia, nella cultura, nella geografia del momento e che si misura con la persistenza della materia.
Paolo Mazzo